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Quando si parla di cure palliative non è mai facile: affrontare il tema del tratto finale della vita, quello in cui la medicina davanti all’inevitabilità della morte afferma la dignità della vita, richiede oltre che capacità tecniche anche uno spiccato senso di umanità. In tale contesto  risulta cruciale il caregiver: figura di riferimento che assiste e supporta la persona malata, in costante relazione oltre che con la famiglia con l’équipe multidisciplinare. In questo articolo parleremo del ruolo dei caregiver, particolarmente delicato e difficile.

Le cure palliative: definizione

Secondo la legge n. 38/10, per cure palliative si intende “l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici”. Le cure palliative intervengono, quindi, a difesa della dignità del malato, affermando il diritto del paziente a vivere la sua dimensione di persona e la migliore qualità della vita, anche nel tratto finale.

Pari attenzione è rivolta anche alla famiglia del paziente, con un accompagnamento costante dalla diagnosi fino al momento dell’elaborazione del lutto, particolarmente delicato. Le figure coinvolte sono molteplici e sono specifiche per ogni caso: sono coinvolti oltre a medici, infermieri e personale sanitario, anche psicologi, assistenti sociali e personale volontario.

Chi è il caregiver

Il caregiver è quella figura di riferimento nell’ambito delle cure palliative domiciliari che si interfaccia con gli operatori sociosanitari; generalmente è un familiare, ma non necessariamente. I suoi compiti principali sono:

  • Si occupa delle attività ordinarie di cura della persona;
  • è la persona di riferimento per quanto riguarda i bisogni e i desideri del paziente;
  • Cura i rapporti con le altre figure che si occupano della cura del malato;
  • È la figura di intermediazione con gli altri familiari.

Nel 74% dei casi, in Italia, il ruolo del caregiver è svolto da donne, generalmente mogli, figlie, sorelle. Un compito impegnativo anche perché vuol dire dedicare all’assistenza circa ¾ della propria giornata.

Alcuni consigli

Una delle difficoltà che presenta il ruolo del caregiver il forte senso di responsabilità che l’essere il punto di riferimento per un malato in condizione di fine vita comporta. È facile che la persona cada in stati di depressione e di ansia, con sintomi quali insonnia, irritabilità e demotivazione.

È importante, quindi, che il caregiver si prenda dei momenti di pausa, di modo da prevenire, per quanto possibile, gli effetti dello stress che il suo compito porta con sé. Inoltre, dovrà imparare a delegare ad altri alcuni compiti specifici e continuare a prendersi cura di sé, manifestando i propri desideri e bisogni. Il caregiver non dovrà affrontare il suo compito in solitudine, ma all’interno di una comunicazione empatica e intima, dove tutti sono in sintonia nell’ottica di garantire al paziente un fine vita vissuto nel miglior modo possibile.