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Per tutelare il proprio diritto alla privacy, si può ricorrere alla magistratura ordinaria (e quindi occorre un avvocato difensore) o presentare in autonomia un reclamo al Garante della privacy. Secondo la normativa vigente, se l’interessato ritiene che i propri diritti siano stati violati i propri diritti di cui al Regolamento Europeo 2016/679 o del Codice Privacy come modificato dal D.lgs. 101/18 ha la facoltà, così come previsto dall’art. 77 del GDPR e dagli artt. 140-bis e 142 del Codice in materia di protezione dei dati personali, di proporre reclamo all’Autorità Garante o un ricorso in sede giudiziale.

QUANDO RICORRERE AL GARANTE?

Si può decidere di ricorrere al Garante anche per una serie di abusi sul web, e per procedere nell’ambito di una serie di richieste, come eliminare notizie da Google, ad esempio. Il Garante della privacy è un’autorità amministrativa indipendente istituita dal codice della privacy (legge 31 dicembre 1996, n. 675) per tutelare i diritti, le libertà fondamentali e il rispetto della dignità nel trattamento dei dati personali. Il Garante svolge diverse funzioni, tra cui: controllare che i dati personali siano sempre trattati a norma di legge; esaminare reclami e segnalazioni e provvedere sui ricorsi; vietare i trattamenti illeciti o non corretti ed eventualmente disporne il blocco; promuovere la sottoscrizione dei codici di deontologia e di buona condotta di determinati settori; denunciare i fatti configurabili come reati perseguibili d’ufficio; segnalare al Governo e al Parlamento la possibilità di nuovi provvedimenti normativi; predisporre una relazione annuale sull’attività svolta e sullo stato di attuazione della normativa sulla privacy da trasmettere al Parlamento e al Governo. Si può procedere a un reclamo al Garante, ad esempio, per richiedere la deindicizzazione del proprio nome dal motore di ricerca. Prima di fare la denuncia al Garante della Privacy, il soggetto che si ritiene leso, può rivolgersi direttamente al titolare (responsabile del trattamento dei dati) presentando un’istanza, senza particolari formalità (es. attraverso lettera raccomandata, posta elettronica, telefax, ecc.). All’istanza il titolare, è tenuto a fornire un riscontro senza ingiustificato ritardo (al più tardi entro un mese dal suo ricevimento). Tale termine può essere prorogato di 2 mesi, qualora si renda necessario in base alla complessità e al numero di richieste. In tal caso, il titolare deve comunque darne comunicazione all’interessato entro un mese dal ricevimento della richiesta.

IN CASO DI RISPOSTA NEGATIVA

Se la risposta all’istanza risulta insoddisfacente o, addirittura, non perviene nei tempi indicati, l’interessato può rivolgersi all’Autorità giudiziaria o al Garante della privacy, in quest’ultimo caso, presentando un reclamo formale (art. 77 del Regolamento UE 2016/679). Ci si può rivolgere al Garante, inoltre, anche per chiedere come eliminare un sito web da Google. Oggi inoltre, dopo le modifiche apportate dal GDPR alias il nuovo regolamento europeo sulla privacy, il ricorso è sempre gratuito (in precedenza era necessario allegare la prova del versamento dei diritti di segreteria pari a 150 euro). Al reclamo segue un’istruttoria preliminare, e se il ricorso viene accolto, il Garante può ordinare in via provvisoria il blocco, parziale o totale, dei dati; ordinare al titolare del trattamento la cessazione del comportamento illegittimo, determinando le misure a tutela dei diritti della parte lesa e assegnando un termine per la loro adozione. Il Garante deve pronunciarsi sul ricorso entro 60 giorni, dopo i quali il reclamo è da intendersi rigettato. Contro il rigetto del Garante (sia tacito che esplicito), l’interessato può fare ricorso al giudice del lavoro entro 30 giorni dalla data di comunicazione dello stesso.