L’aspetto più pratico per il quale ci si orienta verso un tavolo allungabile è senza dubbio legato alla gestione dello spazio che questo mobile andrà ad occupare.
Si preferisce una presenza stabile del tavolo ed un richiamo simbolico alle funzioni che esso consente di svolgere oppure si desidera che esso serva quando necessario, sparendo poi – o comunque diventando più discreto – una volta portata a compimento la sua missione?
Non si tratta di una scelta meramente legata ai metri quadri di cui si dispone. Infatti, oggi giorno, molti di noi amano disporre di spazio senza necessariamente volerlo – o doverlo – occupare interamente.
Lo spazio è amato in quanto realtà in sé. Lo spazio – vuoto – è già un arredo in sé, per chi aderisca ad un modello di “occupazione minimalista” dei volumi, al fine di goderne al massimo i ben più semplici vantaggi visivi.
In sintesi: lo spazio non va occupato per intero. Lo spazio si gode al meglio se lo si oltraggia il meno possibile. L’individuo deve poter deambulare liberamente, ampiamente, secondo quest’ottica. E l’assenza di intralci lunghi, come tavoli e consolle troppo ingombranti, ostacola di certo questa libertà fisica.
Tavoli allungabili: la gestione simbolica dei tempi
I mobili a scomparsa, gli arredi che si trasformano, come appunto i tavoli allungabili, sono oggetto di scelta anche per un motivo prettamente simbolico e funzionale.
Non si tratta, insomma, solo di comodità in termini di gestibilità delle superfici e dei volumi.
I tavoli allungabili non vengono scelti solo da chi dispone di ambienti esigui, come avviene nelle grandi città, per esempio.
I tavoli allungabili hanno il grossissimo valore aggiunto di poter “sparire assieme alla loro funzione” e a tutto ciò che essi ricordano o rappresentano, insomma.
Un tavolo che da piccolo diventa grande (e viceversa) è un mobile che esiste fintanto che lo si utilizza in una determinata forma e funzione. Subito dopo, al cambiare della sua dimensione –e a volte anche forma geometrica (pensiamo ad una mini consolle che diventi tavolo quadrato o lunghissimo e rettangolare) – il tavolo allungabile porta via con sé, o fa ricomparire nel pensiero e nei gesti dei presenti, un insieme simbolico di azioni, fini, gesti e relazioni collegati alla funzione di riferimento.
In termini più essenziali: tolto il tavolo è archiviata la cena e tutto ciò che ad essa si collega: discorsi, riunioni di famiglia, lavoro associato alla preparazione dei pasti, disordine…
Ugualmente, terminata una riunione di lavoro in un ambiente multifunzionale – sia esso un grande studio o un pied-à-terre in città in cui occorra dormire – si metterà da parte, soprattutto dal punto di vista concettuale, tutto quanto inerisca a quella fase della giornata circoscritta e ormai giunta ad epilogo.
Dai tavoli allungabili, ai tavoli allungati: una stabilizzazione del ritmo di vita
Se analizziamo i comportamenti di coloro che optano per mobili quali divani-letto e tavoli allungabili ad uso per così dire domestico, scopriamo immediatamente le caratteristiche storiche che spesso li accomunano.
Si tratta di individui piuttosto flessibili, abituati a seguire le richieste che l’universo professionale e relazionale dei nostri giorni rende pressanti e ci fa considerare normali.
I tavoli allungabili, da questo punto di vista, possono essere associati all’esigenza di continua ed inarrestabile adattabilità o, per usare termini che richiamino la psicologia e l’etologia, ad attività.
Insomma, l’arredo trasformabile può rappresentare molto bene l’adattamento funzionale dell’uomo a noi contemporaneo in risposta ad un fluire di eventi, bisogni e attese condivise.
I tavoli allungabili, come i divani trasformabili, appaiono e scompaiono, cadenzando la vita e trasportando l’uomo flessibile da un ambito esistenziale all’altro, con movimenti che la meccanica e la tecnologia dei mobili contemporanei rendono via via più fluidi, grazie a degli scatti ormai quasi impercettibili nella movimentazione dei componenti che assicurano aperture, riduzioni, scorrimenti e chiusure.