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Distribuito al cinema nel 1975, “La Città Sconvolta: Caccia Spietata ai Rapitori” è il film di Fernando Di Leo che ha ottenuto il maggior successo ai botteghini, in termini di pubblico e di incassi.  Il protagonista della pellicola è Fabrizio Colella (interpretato da Marco Liofredi). Suo padre, Mario (Luc Merenda) è un semplice meccanico, vedovo da tempo che, nel tentativo di difendere Antonio (Francesco Impeciati), figlio d’un ricco ingegnere, dalle mani di tre sequestratori, resterà vittima del rapimento. L’ingegnere tenta una mediazione per ottenere una decurtazione alla somma del riscatto, ma i sequestratori rispondono con una vendetta. Uccidono Fabrizio, il figlio di Mario, e liberano Antonio. Per costringere l’ingegnere a pagare il riscatto, per il quale lo stesso cercava inutilmente di temporeggiare allo scopo di negoziare per ridurre il più possibile la somma richiesta, i rapitori uccidono Fabrizio, e poi fanno rilasciare Antonio. Inizia la vendetta di Mario che, spinto dall’odio e dalla rabbia, si avventura in indagini personali, riuscendo ad eliminare tutti i colpevoli del sequestro, compresi i mandanti. La vendetta si realizza nella sua completezza quando Mario uccide anche l’omicida di suo figlio.

 

Il tema centrale del film, il rapimento, non è casuale per il tempo storico che l’Italia viveva, in cui i sequestri erano purtroppo fatti di grande attualità. Il sequestro di persona a scopo di estorsione è stato in Italia, tra gli anni Settanta e Ottanta, un fenomeno criminale con caratteristiche molto particolari. Il periodo dei sequestri economici ha abbracciato un periodo importante in Italia, quello che va dalla metà degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta. In questo periodo, 489 furono le persone vittime di sequestro, la cui liberazione era subordinata alla corresponsione di un riscatto.  Il film si trova tra i migliori titoli del cinema italiano in streaming.

 

Il doloroso tema dei sequestri e dei rapimenti è stato al centro di altre produzioni cinematografiche, anche di pellicole recenti. A tal proposito, è possibile citare Buongiorno, Notte, un film del 2003, diretto da Marco Bellocchio, la trama si ispira liberamente al libro del 1998 Il prigioniero. Quest’ultimo è stato scritto dall’ex brigatista Anna Laura Braghetti, dove ella ha narrato il sequestro, la detenzione e l’omicidio, da parte delle Brigate Rosse, di Aldo Moro, nel 1978. Invece, il titolo del film è stato ispirato dalla poesia “Buongiorno, mezzanotte” di Emily Dickinson, grazie alla traduzione del poeta e romanziere Nicola Gardini, che per primo ha utilizzato la forma “Buongiorno, notte”. La struttura del film di Bellocchio è abbastanza particolare, perché mescola elementi narrativi tratti dal romanzo ed i reportage televisivi del tempo. Soprattutto, però, questa pellicola ha avuto il merito di risaltare l’uomo Moro, nel pieno dramma che viveva, proponendo allo spettatore un duplice piano di narrazione: da un lato gli interrogatori a cui lo statista era sottoposto nel corso della prigionia e, dall’altro, alcuni sogni, che terminavano con la sua liberazione. Nonostante il successo di critica e di pubblico ed il conseguimento di molti riconoscimenti, il film di Bellocchio non è riuscito a conquistare il Leone d’Oro, provocando il malcontento dello stesso regista e di parte della critica.